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A.B. 13 febbraio 2016
Ad Arzachena, Le Olimpiadi del ´36 secondo Buffa
Domani, viaggio nella Storia, con il noto telecronista sportivo, che racconta l´undicesima edizione dei giochi olimpici, grandiosa (auto)celebrazione dei fasti della Germania nazista sotto gli occhi del mondo, incrinata però dalla vittoria di Jesse Owens, clamorosa ed emblematica smentita della teoria della presunta superiorità della razza ariana


ARZACHENA - Storia e sport si intrecciano in un emozionante viaggio nella memoria, con le Le Olimpiadi del 1936, di Tieffe Teatro, in tournée nell'Isola per la stagione de La Grande Prosa firmata Cedac/Circuito Multidisciplinare della Sardegna: sotto i riflettori domani, domenica 14 febbraio, alle ore 21, all'Auditorium Comunale di Arzachena e lunedì 15, alla stessa ora, al Teatro Civico di Alghero, il telecronista sportivo Federico Buffa, storico volto di Sky Italia e raffinato story teller, dalle Storie Mondiali alle Storie dei Campioni. Un interprete d'eccezione per uno spettacolo multimediale, in cui le immagini rivoluzionarie di Leni Riefenstahl s'intrecciano alle riflessioni ed ai ricordi di Wolfgang Fürstner (protagonista del romanzo L' ultima estate di Berlino, scritto a quattro mani dallo stesso Buffa e da Paolo Frusca, sulla tragica e dolorosa vicenda di un uomo, e di un Paese, sull'orlo dell'abisso) sulle note del pianoforte di Alessandro Nidi (che ha curato la direzione musicale) con Nadio Marenco alla fisarmonica e la giovane cantante Cecilia Gragnani.

Le Olimpiadi del 1936 (intrigante mise en scène del testo firmato da Federico Buffa, Emilio Russo, Paolo Frusca, Jvan Sica, per la regia di Emilio Russo e Caterina Spadaro, con costumi di Pamela Aicardi, disegno luci di Mario Loprevite ed il sobrio allestimento scenico di Cristiana Di Giampietro, fonica a cura di Theatre Project) è la trasposizione teatrale di pagine indimenticabili e terribili del Novecento, in un intrecciarsi di piani narrativi in cui singoli episodi della vita del protagonista, i suoi ricordi, i suoi dubbi, lo sgomento, l'inquietudine e l'incertezza del futuro davanti ai fatali cambiamenti imposti dalle Leggi di Norimberga si mescolano alle cronache dei Giochi, tra gare avvincenti, inattese vittorie e splendidi traguardi. La celebrazione del rito sportivo pone l'accento sui molteplici simbolismi racchiusi nelle Olimpiadi di Berlino, come la beffa del destino con la vittoria del “nero” Jesse Owens, che sembra voler capovolgere e demolire davanti a tutto il mondo i fondamenti dell'assurda ideologia nazista, e della pretesa superiorità fisica e morale della cosiddetta “razza ariana”, ma anche il boicottaggio di alcuni Stati, anche se la Germania si aggiudicò un discreto palmarès, oltre alla vittoria dell'Italia di Mussolini nel calcio, e il successo del maratoneta coreano Son Kitei con i colori del Giappone.

L'improvvisa esclusione di Fürstner (comandante del villaggio olimpico) dai Giochi è un segnale terribile di quel che davvero stava avvenendo nella patria di Wagner e Kant: intere esistenze divorate dall'antisemitismo e dalle leggi razziali, donne e uomini, vecchi e bambini privati dei loro diritti, e via via emarginati, trasformati in ombre, ben prima che avesse inizio la soluzione finale con la deportazione dei lager e le famigerate camere a gas. Il caso del capitano della Wehrmacht, già eroe di guerra, decorato con la croce di ferro, inopinatamente destituito per non aver agito "con l'energia necessaria” tanto da provocare presunti danni, è solo il più eclatante (tra le tante esclusioni illustri di atleti tedeschi di origine ebrea e rom. Un caso emblematico, conclusosi tragicamente, perché l'ufficiale si tolse la vita tre giorni dopo la fine dei Giochi Olimpici) dopo aver appreso della propria espulsione dall'esercito in quanto ebreo. La follia nazista e la dittatura, con le idee farneticanti della supremazia ariana, e il clima di sospetto e paura dettato dalla brutalità del regime, affiora nel racconto, attraverso il punto di vista tristemente privilegiato di una delle vittime, un ufficiale tedesco i cui ideali di fedeltà e servizio della patria si scontrano con gli stravaganti principi della stirpe ariana, finché la sua intera esistenza si trasforma in un incubo, in un grottesco nonsense. La persecuzione degli ebrei (e dei rom e degli omosessuali) rappresenta una pagina nera per la storia della Germania, dell'Europa intera e del mondo: la celebrazione dei Giochi accende i riflettori sulla nazione tedesca governata da Hitler, ma il bagliore accecante, unito all'esaltazione della folla, ed ai trionfi sportivi, sembra mettere in ombra la realtà.

Nella pièce teatrale, lo spirito sportivo, gli ideali che animano i Giochi Olimpici e il fascino delle gare, e tutta la magnificenza dello spettacolare evento voluto da Goebbels come affermazione della grande Germania si giustappongono alle verità nascoste, all'orrore dietro la splendida facciata: i miti dello sport sfilano davanti al pubblico, rievocati tra parole ed immagini, simboli della perfezione fisica, della potenza e bellezza del corpo umano, statue di carne che sembrano riflettere l'estetica del regime. Nell'epopea sportiva riecheggiano d'un tratto però le note dissonanti di un potere fondato sulla sopraffazione, l'ingiustizia, la discriminazione: una visione distorta e pericolosa, che degenererà in tragedia per l'intera umanità. Le Olimpiadi del 1936 coglie un momento importante (e fatale) della storia del Novecento, in un racconto avvincente, affidato al talento affabulatorio di Buffa: cronaca sportiva ed eventi epocali si fondono, in una ricostruzione puntuale densa di emozioni.

Nella foto: Federico Buffa


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