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Red 20 gennaio 2017
Teatro: Gianni Schicchi a Villacidro
Ironia in scena con l´originale e divertente commedia in versi, liberamente ispirata all´omonima opera in un atto di Giacomo Puccini, in programma domani sera al Teatro di Via Asproni


VILLACIDRO - Ironia in scena con “Gianni Schicchi”, l'originale e divertente commedia in versi, liberamente ispirata all'omonima opera in un atto di Giacomo Puccini, in programma domani, sabato 21 gennaio, alle ore 19.30, al Teatro di Via Asproni, a Villacidro (con ingresso libero). Una pièce scoppiettante e coinvolgente per l'esito scenico del laboratorio su “La drammaturgia, il tempo comico, la commedia. Studio e messa in scena della commedia–2016”, ideato e diretto dall'attore, regista e drammaturgo Stefano Ledda, fondatore e direttore artistico del Teatro del Segno, per l'Università della Terza Età di Villacidro. Sotto i riflettori, gli allievi attori del gruppo teatrale dell'Utev (Sandro Muntoni nel ruolo di Gianni Schicchi, Graziella Cocco, Sandra Cocco, Mariuccia Meloni, Anna Palmas e Caterina Mocci, Maria Efisia Muntoni, Sergio Pibiri, Anna Pittau, Silvana Sitzia, Efisio Tocco, Albina Putzu, Nino Marras e Lucia Matta, Efisio Pittau, Lina Follesa, Luigi Cocco, Rosangela Aru ed Anna Rita Erbì) per uno spettacolo che, sulla falsariga del libretto di Giovacchino Forzano, racconta la celebre beffa dell'arguto fiorentino ai danni dei familiari di Buoso Donati.

L'avidità punita è il tema centrale della commedia, in cui cugini e nipoti di un ricco mercante, pur di recuperare l'eredità, da lui destinata ai frati di un convento, si affidano a quel Gianni Schicchi de' Cavalcanti, citato da Dante nel Canto trentesimo dell'Inferno, nella bolgia dei falsari, per aver impersonato proprio Buoso Donati. Intorno al capezzale del defunto si tessono trame ed inganni, finché nasce l'idea di un falso testamento con il quale il vecchio redivivo (interpretato dall'istrionico cavaliere) dovrebbe lasciare ai parenti l'agognato patrimonio. Un inganno (a fin di bene) cui Schicchi si presta per amore della figlia, innamorata del nipote di Buoso, e nonostante l'atteggiamento altezzoso dell'aristocratica famiglia Donati nei suoi riguardi, ma che si risolve in una beffa, perché davanti al notaio il sedicente mercante fa un'inattesa donazione a se stesso, in realtà per tutelare l'amore dei due giovani.

Un preludio metateatrale e vari inserti in versi trasformano il libretto d'opera in una moderna commedia, nell'adattamento di Stefano Ledda, che cura anche la regia, mentre scene e costumi (elaborati in seno allo stesso gruppo teatrale) rievocano la temperie culturale e sociale della Firenze del Duecento, anche grazie agli arredi di scena generosamente prestati dalla Casa Museo di Marisa Pittau. Un colorito affresco di varia umanità (tra il gioco delle passioni e spunti di satira sociale) in cui emergono caratteri e “tempi” del comico, l'arte sottile di far ridere e sorridere a parole (ed in musica) cui è stata dedicata l'ottava edizione del laboratorio, tra analisi e decostruzione del testo, e rielaborazione di una “partitura” teatrale in cui, come un perfetto meccanismo a orologeria, ciascun personaggio fa la sua parte, fino al colpo di scena finale.

Una “lezione di teatro” che si trasforma in spettacolo, partendo dal confronto con autori come Sergio Atzeni e Giuseppe Dessi (2009), Max Aub ed i suoi “Delitti esemplari” (2010), fino a Luigi Pirandello (2012) ed ancora Dessì (2013), accanto ad una riscrittura delle leggende sarde (2011) ed all'adattamento di racconti e romanzi di Giulio Angioni, Maria Giacobbe, Annalisa Ferruzzi e Michela Murgia in un attento collage di pensieri e parole (2014). Fino alla mise en scene de “La visita della vecchia signora” di Friedrich Dürrenmatt (2015), ed ora una l'adattamento di una storia che rimanda alla novellistica duecentesca, tra cronaca e invenzione, in cui il protagonista, finito all'Inferno (dantesco) per il semplice gusto di una beffa, trova il suo riscatto nel farsi protettore dell'amore di due giovani, mettendo alla berlina l'avidità di parenti e di certa parte del clero, in un trionfo dell'intelligenza sull'avidità.
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