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Red 1 agosto 2017
Tutelare il riccio per la biodiversità
Uno studio dell´Università di Sassari tenta di definire i ritmi del pascolo e lo sforzo di pesca adeguato al mare della Sardegna


SASSARI - Protagonista dei fondali marini sardi ed in alcuni periodi dell'anno anche delle tavole, il riccio di mare è al centro di uno studio internazionale firmato dai ricercatori del Dipartimento di Scienze della natura e del territorio dell'Università di Sassari, assieme a ricercatori spagnoli, inglesi ed indiani. Guidato da Giulia Ceccherelli, il gruppo di studiosi è giunto alla conclusione che i mari limpidi della Sardegna rendono i fondali letteralmente poco appetibili per questi echinodermi, in confronto alle acque eutrofiche catalane. In altre parole, in Sardegna le alghe crescono più lentamente a causa del minor apporto di nutrienti presenti nelle acque. Ciò influisce sulla proliferazione dei ricci e sullo stato di desertificazione (barren) dei fondali isolani, che sono maggiormente a rischio. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista “Proceedings of the Royal society B: biological sciences”.

In generale, l’alta densità di ricci rende il substrato roccioso denudato di ogni forma algale fino alla produzione di un habitat a “barren”, che corrisponde alla roccia pulita da organismi, un habitat a bassissima biodiversità. Pertanto, i ricci attraverso il loro pascolo possono operare una desertificazione marina. Aggrava la situazione il fatto che una volta che il barren si è formato, il sistema deve combattere contro i cosiddetti meccanismi “feedback” che lo stabilizzano. “Questa ricerca spiega la bassa produttività del riccio di mare nelle acque limpide della Sardegna e aiuta a definirne lo sforzo di pesca”, afferma Ceccherelli. Attraverso una serie di osservazioni empiriche fatte prevalentemente a Costa Paradiso, con esperimenti sul campo ed in laboratorio e modelli matematici, si è compreso che “in acque eutrofiche come quelle catalane i sistemi a macrofite sono più resistenti al pascolo ed è necessaria una densità di trentotto ricci adulti al metro quadro per ottenere il barren, quasi il doppio della densità necessaria in condizioni di oligotrofia, come quella che caratterizza le coste in Sardegna, dove bastano ventidue ricci al metro quadro per avere un fondale desertificato con un'elevata perdita in termini di biodiversità”.

I meccanismi responsabili di queste differenze sono legati al modo in cui le sostanze nutritive modificano il foraggiamento dei ricci e la velocità di crescita delle alghe. Dunque il barren, cioè la desertificazione dei fondali, esiste in entrambe le zone, ma nei mari sardi si può formare molto più facilmente. Lo studio contribuisce a rendere prevedibili i cambiamenti di stato dei fondali marini allo scopo di mantenere la biodiversità dei sistemi naturali a cui i ricci danno un importante contributo. Per questo devono essere tutelati anche attraverso una regolamentazione della pesca che non può essere uguale in tutto il Mediterraneo, ma deve tener conto delle specificità del sito.

La ricerca nasce dalla collaborazione che alcuni ricercatori del Dipnet hanno stabilito negli ultimi anni attraverso il dottorando spagnolo Jordi Boada, che ha trascorso diversi mesi nel Laboratorio di Ecologia sperimentale del Polo bionaturalistico dell'Università degli studi di Sassari. Si è così consolidata la cooperazione con il gruppo spagnolo di ricerca del Ceab-Csic, a Blanes, coordinato da Teresa Alcoverro, con Jordi Pages della Bangor University (Gran Bretagna), con Javier Romero della Universitat di Barcelona (Spagna) e Rohan Arthur della Nature conservation foundation (India).
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27/3/2024
20 laureati e decine di studenti detenuti hanno frequentato i corsi universitari durante questi dieci anni. Negli Istituti Penitenziari in cui opera, l´Università di Sassari impegna in percorsi universitari in media il triplo dei detenuti rispetto alla media nazionale (5-6% rispetto al 2%), con punte di eccellenza nelle due Case di Reclusione di Tempio Pausania (15-17%) e Alghero (8-10%)


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