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Red 24 ottobre 2017
«Due vertenze unite dal lavoro»
lunedì mattina, i lavoratori ex Ati-Ifras sono scesi dal tetto del Duomo di Sassari e sono andati nella miniera di Olmedo, ricambiando la visita solidale ricevuta nei giorni scorsi dai minatori


OLMEDO - Ieri mattina (lunedì), i lavoratori ex Ati-Ifras sono scesi dal tetto del Duomo di Sassari e sono andati nella miniera di Olmedo, ricambiando la visita solidale ricevuta nei giorni scorsi dai minatori. Si unificano così le vertenze di un territorio martoriato dalla crisi. Ci sono uomini che non si rassegnano e, dall’oscuro silenzio della miniera, continuano a lottare a 180metri di profondità dalle viscere della terra. Chiedono ciò che dovrebbe essere un diritto: «che venga loro restituito l’orgoglio della professione, la “dignità” di un lavoro». E non come gentile concessione, ma come “diritto” costituzionale.

La speranza che si trovasse una soluzione si è trasformata in delusione per non avere ancor oggi ottenuto delle risposte, la pazienza lentamente si affievolisce. I minatori si alternano dal sottosuolo a turni di quattro, ma non è salendo in superficie che si sta meglio. I pensieri sono gli stessi, i problemi comuni: «manca lo stipendio e gli ammortizzatori sociali son scaduti a luglio grida il più giovane», la precarietà a cui sono costretti rende il futuro pieno di incognite ed incertezze, le esigenze primarie delle famiglie non ammettono le tempistiche di una politica che rimanda le soluzioni di settimana in settimana che unite fanno due anni e mezzo. Al presidente della Regione autonoma della Sardegna Francesco Pigliaru, viene loro da fare una sola domanda: «come facciamo a sopravvivere?». «Tra le tante cose di cui si sta occupando, e siamo onesti, alcune con temi di minor valore, possibile che non si abbia avuto da lui un segnale? E’ possibile che una situazione riguardante il bene comune di un diritto fondamentale sia passata così inosservata?».

I segretari generali della Filtcem Cgil Femca Cisl e Ugl Chimici Gianfranco Murtinu, Luca Velluto e Simone Testoni, che affiancano dal primo giorno i minatori nelle loro rivendicazioni e che ne ascoltano il grido di dolore e lo rilanciano categoricamente, sperano ancora in una politica che curi l’interesse delle persone in maniera responsabile, prudente ed imperativa. Esigono correttezza ed impegno alla stessa stregua degli altri minatori sardi, perchè sentono che la pazienza sta finendo e sanno che nessuno lascerà la miniera fino a quando non si otterrà un risultato che può essere solo uno: il lavoro.
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