«I dati Istat vanno letti nel loro complesso, non solo quando fa comodo», commenta il capogruppo di Sel in Commissione Bilancio
CAGLIARI - «I dati sulla disoccupazione (quelli mensili relativi ad agosto 2014) rimangono negativi. Quanto diffuso dall’Istat va letto tutto e interpretato in modo giusto, non si può scegliere solo quello che fa comodo. Il tasso di disoccupazione giovanile rimane alto ma, come noto, si riferisce al segmento di età tra i quindici e i ventiquattro anni. Questi sono gli anni in cui una persona, in un paese moderno e proiettato verso lo sviluppo, di norma studia al liceo e alla università, si qualifica sul piano professionale, si iscrive nelle scuole di specializzazione post-universitarie».
Questo l’incipit dell’intervento di Luciano Uras, capogruppo di Sel in Commissione Bilancio. «Basta con la schizofrenia comunicativa – prosegue - da un parte chi governa vuole tutti i giovani laureati, dall’altra usa strumentalmente il tasso di disoccupazione giovanile per soffiare sul fuoco dello scontro generazionale. Il paese per uscire dalla crisi ha bisogno di consapevole unità degli sforzi, una tensione corale per contrastare povertà e disoccupazione vere. Nei dati diffusi dall’Istat sono eclatanti i 14milioni e mezzo di uomini e donne inattivi, scoraggiati e fuori dal mercato del lavoro, il 25percento della popolazione complessiva, il 44percento circa della popolazione tra i quindici e i sessantaquattro anni».
«E non può essere sottovalutato il dato relativo alla popolazione femminile in età di lavoro non occupata, il cui impegno può incidere sull'andamento dello sviluppo economico e sociale del nostro Paese. Il Paese richiede meno proclami e più impegno costante, uno sforzo nuovo dello Stato a favore del lavoro che si accompagni ad un nuovo e rafforzato ruolo dell’impresa per il bene comune. Questo - ha concluso il capogruppo del Sel Uras - è il terreno su cui vanno costruiti i nuovi patti sociali tra Governo, Sindacati e Associazioni dell'Impresa».
Nella foto: Luciano Uras
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