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Emiliano Piras 18 dicembre 2014
L'opinione di Emiliano Piras
Lavoro è anche qualche tavolino in più


In questi giorni è di grande attualità nella discussione politica cittadina la questione regolamentazione concessione suolo pubblico e c.d. "Zona rossa", perché, si sostiene, in questi ultimi anni si è perpetrata una deregulation che ha portato confusione in città e una sottrazione di spazi liberi usufruibili dalla cittadinanza; posto che è giusto che vengano contemperati gli interessi dei cittadini e degli operatori commerciali, che pure essi sono cittadini come gli altri, c'è da farsi una domanda: come si è arrivati a porsi oggi il problema dei "tavolini"?

E poi, quali sono i costi-benefici di un' eventuale penalizzazione nella concessione di suolo pubblico piuttosto che di libero utilizzo dello stesso? 
Per rispondere alla prima domanda sarebbe necessario innanzitutto leggere e conoscere il Piano del Commercio approvato nel 2007, attraverso il quale venne comunque data una regolamentazione al settore, in recepimento delle normative nazionali (C.d. Liberalizzazioni Bersani) e della l.r. n. 5/2006; e nello specifico dell'argomento l'allegato 3b dello stesso piano, individua i criteri di "zonizzazione" che pone delle attenzioni e obiettivi diversi a seconda si parli di Centro Storico e/o zona urbana ed extraurbana (art. 3); i criteri che prevedono le caratteristiche tecniche e normative alle quali gli esercenti devono sottostare (art. 4-10); i criteri che prevedono la tutela dei luoghi, dei modi, dei tempi, degli spazi per la concessione di suolo Pubblico (art. 11); e solo dopo averlo letto attentamente, si capisce bene che più che una deregulation in questi anni si è assistito, anche se in casi sporadici, a una non osservanza regolare delle stesse disposizioni.

Le responsabilità di tale non osservanza sono sicuramente ascrivibili in parti uguali a quei controllori che non hanno fatto rispettare le regole, e che spesso, per via di mancanza di comunicazione e coordinamento tra uffici, le hanno applicate in maniera non univoca; e a quegli esercenti, comunque non giustificabili, che della mancanza di una regia di controllo e coordinamento hanno approfittato. Per rispondere alla seconda domanda è semplice capire che in un momento di forte crisi che attraversa il nostro territorio, e dove la preminente economia è sicuramente la filiera turistica, che vede migliaia di persone coinvolte nel processo, è sicuramente preferibile puntare ad avere opportunità di lavoro anche attraverso una “manciata” di tavolini in più; piuttosto che vedere spazi vuoti da destinare ad improbabili passeggi, o ancora più mortificante, adibiti ad improbabili “parcheggi di comodo”.

Tornando al Piano del Commercio, è chiaro che ad esso debbano essere apportate delle modifiche che lo attualizzino ai nostri tempi, anche, perchè no, nella parte che riguarda le concessioni di suolo pubblico; ma non può essere solo questo il “problema”. Questo strumento non deve perdere di vista l'obiettivo principale, che è quello di creare una programmazione che permetta lo sviluppo economico della città, pur nel rispetto delle regole; e che l' argomento è talmente delicato che non è pensabile affrontarlo, anche se solo in una parte di esso, con la fretta che sicuramente esso non merita.

*Consigliere comunale del Nuovo Centro Destra Alghero
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