Per cinque volte al giorno e tutti i giorni della settimana i musulmani pregano nelle vie del quartiere Marina, a Cagliari. Generazioni di immigrati che vivono, sono cresciute e lavorano in città
CAGLIARI – Marina, cuore pulsante della città. Quartiere che ha accolto ormai da generazioni tantissimi immigrati che vivono e lavorano a Cagliari. Nei vicoli stretti del quartiere, oltre alla brezza marina, si respira aria di medioriente, profumi che sembrano provenire direttamente dai suq, voci, colori e suoni appartenenti ad altre culture, ad altri mondi che alle volte sentiamo lontani ma che poi così distanti non sono.
A separarci solo il Mediterraneo, la culla blu che ha visto nascere le più grandi civiltà del mondo. Tra le vie Baylle, Barcellona, Cavour stanno crescendo le nuove generazioni di immigrati che ormai a Cagliari sono nati ma che conservano fedelmente e strenuamente le proprie tradizioni, siano queste religiose, alimentari ed estetiche.
Anche a Cagliari vengono rispettate le regole religiose del Corano: i musulmani pregano nella nostra città così come lo fanno alla Mecca nonostante ci separino 1367,83 chilometri. Secondo i dettami si deve pregare cinque volte (salat) al giorno: Fajr (alba), Shuruq (alba), Zuhr (mezzogiorno), Asr (pomeriggio), Maghreb (tramonto) e Isha (notte) e gli orari precisi si possono trovare facilmente anche online con un clic.
Nella foto di Anna de Lorenzo sono ritratti gli uomini in preghiera (delle ore 13,22) dopo aver sistemato i tappeti nelle vie della Marina. I quasi 5mila musulmani residenti in città aspettano ormai da vari anni che venga destinato loro uno spazio per la preghiera: anche l’arcivescovo Mani nel 2010 si era dichiarato d’accordo con la concessione di un luogo di culto sostenendo che una capitale del Mediterraneo per essere tale deve accogliere la pluralità delle religioni. La Provincia a febbraio ha dato l’ok affinchè venga messo a disposizione l’edificio di fronte al laghetto del parco di Monte Claro a un prezzo agevolato.
Sarà il multiculturalismo a salvarci? Di certo nessuna società è mai cresciuta né si è arricchita culturalmente, moralmente ed economicamente chiudendosi in se stessa. Siamo tutti figli di un unico cielo e respiriamo tutti la stessa aria. C’è chi si rivolge ad Allah e chi a Gesù Cristo ma gli occhi e le preghiere sono sempre rivolte con gli occhi e le mani all’insù, in Pakistan, in India, in Italia. Cerchiamo una volta tanto di capire che se guardassimo noi stessi dall’alto dello spazio dove si trovano le divinità invocate siamo tutti indistintamente piccoli cittadini della Terra.
Nella foto di Anna de Lorenzo i musulmani in preghiera in via Sant’Eulalia
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