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Paolo Zedda 1 novembre 2015
L'opinione di Paolo Zedda
La Sardegna come Guantanamo


Quello delle esercitazioni belliche è il nostro comparto di eccellenza, l'unico settore in cui noi sardi siamo davvero all'avanguardia, in Europa e nel mondo. In questi giorni l'operazione Trident Juncture ce ne dà una chiara dimostrazione: centinaia di unità terrestri, aeree e navali, decine di navi da combattimento, centinaia di aerei militari, tra i quali cacciabombardieri nucleari, carri armati, bombe, laser, missili anticarro, e migliaia di soldati che si allenano alla guerra su una delle zone più belle (ma non più incontaminate) della nostra amatissima isola. Tutto questo, dice la Nato, per sostenere “operazioni al di fuori del territorio dell'Alleanza.” Nel contempo, a Elmas, tra gli aerei ed gli sbigottiti passeggeri che si avviano all’imbarco, fanno capolino i pallet carichi delle bombe che una fabbrica sarda costruisce e destina alla vendita. Produzione sperimentazione ed esportazione.

Che orgoglio! In realtà, ironia a parte, la Sardegna ha davvero un disperato bisogno di coltivare quelle poche speranze di sfuggire al declino economico ed alla povertà che già la stringe tra le sue morse, e minaccia di stringerla sempre con più forza. E la prospettiva militare non è la salvezza. Almeno non quella che noi abbiamo immaginato, voluto e pianificato. I nostri progetti (ma anche quelli dei principali analisti economici) sono altri e ci chiedono altre cose. Nell'immediato futuro: il potenziamento delle produzioni agroalimentari, dell’energia pulita e del turismo, prima di tutto. E l’aumento del livello medio di istruzione. Su questo progetto, basato sulla qualità della vita, sulla conservazione del territorio e sulla genuinità dei suoi prodotti abbiamo scommesso. Questa è l’immagine e la sostanza del futuro che desideriamo per i sardi e per la Sardegna.

Se invece dovessero passare un’altra immagine, ed un’altra sostanza, quelle che in questi giorni i quotidiani e le tv stanno sbandierando al mondo, di una terra succube del potere alieno, capitale della speculazione bellica, dell'inquinamento da esplosivi e da metalli pesanti, allora le speranze di vincere la nostra scommessa sarebbero davvero ridotte a un lumicino. E noi non vogliamo cadere nelle braccia della miseria e dell’abbandono. Né chiediamo il presidio di un fortino intoccabile, inespugnabile ed alieno, come è da tanti anni Guantanamo per Cuba, simbolo amaro e perpetuo della nostra incapacità di costruire il nostro futuro, anziché lasciarcelo cadere sulla testa. La Sardegna, per questo, deve far sentire la sua voce e dire chiaramente qual è la sua volontà, quale il suo progetto di futuro. Non per il prossimo mese, per il prossimo anno o il prossimo lustro, ma per il prossimo secolo. E con voce ferma, senza inutili urla, ripetere, giorno dopo giorno, ciò che le spetta di diritto. E se non basta, agire di conseguenza, con determinazione e senza paura.

*consigliere regionale Rossomori


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